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Hanno imparato come prendere le misure, come disegnare i modelli sulla carta velina, come si fa l'imbastitura, la foderatura, la stiratura, gli orli, le cerniere, come si mettono i bottoni e come si usano le macchine da cucire. Ci si sono messe da zero e il loro obiettivo è, nel giro di due anni, di diventare delle sarte fatte e finite. Si chiama “Atélier” ed è il laboratorio di sartoria da poco avviato dentro CasArché e gestito interamente dalle mamme accolte nella comunità.
Per il momento, il gruppo è composto da circa 10 persone e un primo lavoro è già stato fatto: le neo sarte hanno realizzato i foulard che sono stati venduti per il musical Grease, nel Foyer del Teatro della Luna. Adesso invece stanno lavorando su commissioni fatte da amici di Arché per riparazioni sartoriali. A coordinare le mamme è Donatella De Clemente, volontaria di Arché e arteterapista, che si occupa del progetto insieme a Luca Meschi, responsabile dell'area lavoro della Onlus, a Emma Tumino, educatrice e ad un'altra volontaria, Franca Mattiuzzo.
“L'obiettivo di Arché – ha spiegato Luca Meschi – è di accompagnare le mamme verso una piena autonomia. Con questo laboratorio sartoriale ci piacerebbe riuscire a creare un'attività che dia lavoro stabile a due persone e contemporaneamente garantisca formazione continua per le donne assistite dai nostri progetti e dal territorio di Quarto Oggiaro. E poi abbiamo un sogno: creare una linea di prodotti di alta gamma da vendere presso diversi canali”.
Donatella De Clemente ha una grande esperienza alle spalle: ha una formazione scolastica in moda e da diversi anni è volontaria al carcere di Bollate, nella sezione femminile, dove si occupa di arteterapia. Ha fondato l'associazione “Arte in tasca” e ora ha avviato questa sartoria dentro CasArché: “E' un percorso molto appassionante – racconta – vedi ogni giorno i progressi delle mamme e ti rendi conto che le stai aiutando a costruirsi un mestiere, o quanto meno ad imparare qualcosa che alla fine è utile nella vita di tutti i giorni. Se si impegnano, in due anni possono diventare delle buone sarte. L'idea è di realizzare una nostra linea con tessuti africani comprati in Ghana, tessuti raffinati e di qualità che vorremmo trasformare in abiti all'occidentale”.
Accanto a lei c'è Eliza, ha 23 anni ed è sudamericana: “Non sapevo cucire. In CasArché c'era questa opportunità e l'ho sfruttata. Ho una figlia di due anni qui, mi piace l'idea di imparare qualcosa di nuovo”. Claudia invece ne ha 35: “E' la prima volta anche per me – racconta – e ho scoperto che mi piace fare i pantaloni e che mi piace la seta. Ho un bambino di un anno e mezzo”.
“È un nuovo progetto che va nella direzione di dare dignità alle persone – ha commentato padre Giuseppe Bettoni – CasArché non è semplicemente un luogo che dà e offre assistenza, ma un luogo dove si tessono relazioni capaci di rigenerare fiducia e di aprire squarci di futuro. Se non vogliamo essere retorici, uno dei primi mezzi di cui dotare queste donne per far fronte al futuro è proprio il lavoro. Ecco perché lo abbiamo chiamato ‘Luogo di bene comune”.